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HUON DE BORDEAUX, HUON D'AUVERGNE AND ST. PATRICK'S PURGATORY
HUON DE BORDEAUX, HUON D'AUVERGNE E IL PURGATORIO DI SAN PATRIZIO
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11 Jan 2018
The Knights of the Sibyl - The Purgatory of St. Patrick, a common source for both Guerrino the Wretch and Antoine de La Sale /2
«Moreover there is a rocky cavern, as small as a small house, with an arched roof so low that a tall man would not be able to stand in an upright position [...] under which some say is found an abyss or pit [...] that was opened up by God for the dread of the heathens [...] A certain knight named Owain [...] said [...] “so as to deserve the pardon for my sins, the Purgatory of St. Patrick I want to enter"» («Est autem caverna ipsa lapidea, domuncula tam angustis lateribus, et fornice tam depressa, ut homo procerae staturae adeo se erigere non posset [...] sub quo produnt aliqui subesse voraginem illam et foveam [...] ad terrorem obstinatorum aperuit Deus [...] Miles quidam Oenus nomine [...] respondit [...] ut peccatorum meorum merear remissionem accipere, Purgatorium sancti Patricii volo intrare»).

This is an excerpt from the “Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii” (“Essay on the Purgatory of St. Patrick”), an Irish legend reported in antique manuscripts and dating back at least to the twelfth century: a story of caves, hidden subterranean realms inhabited by demons, and daring knights who venture into frightful hollows.

Has the “Purgatory of St. Patrick” anything to do with the legend of the Apennine Sibyl?

The answer is yes. Let's find out why.

According to an ancient Irish tradition, the “Purgatory of St. Patrick” is an entry point to the supernatural world. When St. Patrick, who lived in the early fifth century A.D., came to Ireland to announce the new Christian faith to the pagan natives, he was jeered by the populace and told they would never believe in his God unless he proved he was able to enter the other world and come back to tell.

God himself appeared to Patrick in a dream to provide him with a suitable reply to the heathens and their challenge: He led him to a place where the entrance to the Purgatory was hidden inside a cave. God told St. Patrick that anyone who entered the cave and stayed in the Purgatory a day and a night would be granted the pardon for all his sins. The gloomy pit contained frightful visions of demons and fiends delivering unbearable tortures to the souls of the damned, and as the scornful Irishmen saw the Purgatory, they believed in the new faith brought to them by St. Patrick, and all became Christian.

Thus, the Purgatory of St. Patrick was a passage from our real world into a magical, supernatural realm, just like the Sibyl's cave. And - just like the cavern on Mount Sibyl, Italy - the Purgatory was to be found in an existing, physical place: a small island, in the middle of a lake - an existing lake, Lough Derg, Co. Donegal, Ireland (see image).

Many centuries ago, Lough Derg was a most remote place to reach for pilgrims headed to the legendary Purgatory: «I thought indeed to go and return [from Dublin] in three weeks at the longest», wrote an ancient Italian visitor, Antonio Giovanni di Mannini, in 1411, «but through the perilous roads and other occasions we have spent three months and a half in going and returning». Today, things are obviously easier: an uninterrupted flow of thousands and thousands of pilgrims still comes every year to this place and the church built on the old cave's site to have their sins forgiven.

Why was this secluded spot of Ireland so renowned - and still is?

Actually its fame as a magical place had a peculiar boost in the twelfth century (apparently two centuries earlier than the Apennine Sibyl in Italy), when the “Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii” by Henry of Saltrey began to circulate in various manuscripted Latin versions. This work, describing the deeds of a knight called Owain during his visit in the Purgatory, was a best-seller for many centuries, with hundreds of Latin manuscripts reporting this same story and many translations in other European languages.

The tale of Owain, who had explored the Purgatory and seen the punishment of sinners with his earthly eyes, was known throughout Europe. And people flocked to Lough Derg from remote countries to obtain the remission of their sins: a flow which reminds us what will happen, centuries later, in the area of the Sibyl's cave (though with extremely smaller numbers of visitors).

The remarkable fact is that we find some peculiar similarities between selected aspects appearing in Owain's tale and specific episodes reported in Antoine de La Sale's “The Paradise of Queen Sibyl” and Andrea da Barberino's “Guerrino The Wretch”: a sign that the two authors who wrote about the Apennine Sibyl knew well the legend narrated in “The Purgatory”.

And used a few ideas drawn from the ancient Irish tale into the Italian one. Wait and see.
I Cavalieri della Sibilla - Il Purgatorio di San Patrizio, una fonte comune per Guerrin Meschino e Antoine de La Sale /2
«Inoltre una caverna nella roccia, angusta in dimensione come una piccola casa, e con una volta arcuata così bassa, che un uomo di alta statura non potrebbe starvi in piedi [...] sotto la quale alcuni raccontano che si trovi un abisso o pozzo [...] che Dio ha aperto per il terrore di coloro che non vogliono credere [...] Un tal cavaliere di nome Owain [...] rispose [...] "affinché io possa meritare il perdono dei miei peccati, desidero entrare nel Purgatorio di San Patrizio"» («Est autem caverna ipsa lapidea, domuncula tam angustis lateribus, et fornice tam depressa, ut homo procerae staturae adeo se erigere non posset [...] sub quo produnt aliqui subesse voraginem illam et foveam [...] ad terrorem obstinatorum aperuit Deus [...] Miles quidam Oenus nomine [...] respondit [...] ut peccatorum meorum merear remissionem accipere, Purgatorium sancti Patricii volo intrare»).

Questo è un brano tratto dal "Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii", una leggenda irlandese tramandata da antichi manoscritti e risalente almeno al dodicesimo secolo: una storia di caverne, regni sotterranei abitati da demoni, e valorosi cavalieri che osano avventurarsi all'interno delle terrificanti cavità.

Cosa ha a che fare il "Purgatorio di San Patrizio" con la leggenda della Sibilla Appenninica?

Esiste, in effetti, una relazione tra i due racconti. Andiamo ad approfondire perché.

Secondo un'antica tradizione irlandese, il "Purgatorio di San Patrizio" è un punto di ingresso verso il mondo sovrannaturale. Quando S. Patrizio, vissuto all'inizio del quinto secolo d.C., giunse in Irlanda per annunciare alle genti pagane la nuova fede in Cristo, egli fu deriso dagli abitanti dell'isola, i quali affermarono che mai avrebbero creduto nel suo Dio, a meno che egli non avesse dimostrato loro di potere entrare nell'altro mondo, e di poterne uscire vivo.

Dio in persona si mostrò allora in sogno a S. Patrizio, al fine di fornirgli un argomento decisivo nella sua contesa con i pagani: Egli lo condusse fino ad un luogo nel quale una caverna celava l'ingresso del Purgatorio. Dio disse a S. Patrizio che a chiunque fosse entrato nella grotta, e avesse trascorso nel Purgatorio un giorno e una notte, sarebbe stato concesso il perdono di tutti i propri peccati. La tenebrosa cavità conteneva terrificanti visioni di spaventosi dèmoni che infliggevano insopportabili torture alle anime dei dannati, e non appena gli increduli irlandesi poterono osservare il Purgatorio, essi credettero nella nuova fede che S. Patrizio aveva annunciato loro, e si fecero cristiani.

Dunque, il Purgatorio di San Patrizio era un punto di passaggio dal nostro mondo reale verso un mondo magico e sovrannaturale, proprio come la grotta della Sibilla. E - proprio come quella caverna posta sulla cima del Monte Sibilla, in Italia - il Purgatorio si trovava in un luogo fisico, geograficamente individuato: una piccola isola, nel mezzo di un lago - un lago vero, Lough Derg, nella Contea di Donegal, in Irlanda (vedere figura).

Molti secoli fa, Lough Derg era un luogo isolato e remoto, difficilmente raggiungibile dai pellegrini diretti verso il leggendario Purgatorio: «pensavo veramente di recarmi lì [da Dublino] e poter tornare indietro in tre settimane al massimo», scrive un antico visitatore proveniente dall'Italia, Antonio Giovanni di Mannini, nel 1411, «ma a causa delle strade pericolose e di altri accidenti abbiamo impiegato tre mesi e mezzo tra l'andare e il ritornare». Oggi, le cose sono naturalmente più facili: un flusso ininterrotto di migliaia e migliaia di pellegrini si reca ogni anno fino a questo luogo e alla chiesa costruita dove un tempo si trovava la grotta, al fine di ottenere la remissione dei propri peccati.

Ma perché questo luogo appartato dell'Irlanda era così famoso - e ancora lo è?

La fama dell'isola come luogo magico ebbe una peculiare diffusione nel dodicesimo secolo (e dunque, in apparenza, almeno due secoli prima rispetto alla Sibilla Appenninica in Italia), quando il “Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii” di Henry di Saltrey aveva cominciato a circolare in vari manoscritti in lingua latina. Quest'opera, che descrive le gesta di un cavaliere chiamato Owain nel corso della sua visita al Purgatorio, ha rappresentato, per molti secoli, una sorta di "best seller", con centinaia di manoscritti latini che riportano il medesimo racconto e numerose traduzioni in altre lingue europee.

Il racconto di Owain, che aveva avuto la possibilità di entrare nel Purgatorio e di vedere con i propri occhi mortali la punizione dei peccatori, era conosciuto in tutta Europa. E i visitatori si affollavano presso Lough Derg, provenienti da Paesi lontani, per ottenere il perdono per i propri peccati: un flusso che ci ricorda ciò che accadeva, secoli più tardi, anche nell'area della grotta della Sibilla (sebbene con numeri di visitatori estremamente più limitati).

Il fatto interessante è che è possibile rinvenire alcune significative somiglianze tra specifici aspetti che appaiono nel racconto di Owain e alcuni episodi descritti da Antoine de La Sale ne "Il Paradiso della Regina Sibilla" e da Andrea da Barberino nel "Guerrin Meschino": segno che i due autori che si sono occupati della Sibilla Appenninica ben conoscevano la leggenda narrata nel "Purgatorio".

E, nella leggenda di ambientazione italiana, hanno fatto uso di alcune idee tratte proprio dall'antico racconto irlandese. Andiamo a vedere come.





















4 Jan 2018
The Knights of the Sibyl - The Purgatory of St. Patrick, a common source for both Guerrino the Wretch and Antoine de La Sale /1
In studying the legend of the Apennine Sibyl, we saw that Guerrino the Wretch and the knights described by Antoine de La Sale have something in common with earlier knights: Huon of Bordeaux and Huon d'Auvergne, the main characters of French-Italian epic poems included in older manuscripts. Explorations into fairy kingdoms inhabited by evil queens or maidens whose name is "Sebile", magical metal rotating devices, enchanted bridges narrow as razors, visits to the Pope: all sounds really familiar to the ears of a scholar practising the grounds of the Italian Apennine Sibyl legend.

And now we come to Owein.

Owein: another knight, another brave adventurer, another chivalric character described in ancient manuscripts, performing his deeds within one of the earliest traditions of European Middle Ages. A knight not belonging to the French-Italian tradition we have already considered: instead, he is coming straight from the old lore of gaelic Ireland.

Actually this knight is a very special one: he travelled into the netherworld, and his travel appears to be connected to the journeys of Guerrino the Wretch and the explorations of Antoine de La Sale's knights into the bowels of Mount Sibyl.

Owein has something to do with the Apennine Sibyl.

We are going to achieve an astounding travel into northern-European realms that are not so easily encountered in the sibilline lore: nonetheless, we will show that the fifteenth-century tales of the Apennine Sibyl are strongly influenced, and in some cases determined, by this absolutely older literary tradition, stemming from ancient Irish legends. An incredible link between the North and the South of Europe, in a common framework of legendary lore: ancient Eire calls the Italian Apennines, and we find evidence that that call was answered.

Our travel begins in a specific place, a remote spot lost in an isolated corner of Europe: Lough Derg, a lake in County Donegal, Ireland. In this lake, there was (and it is still believed to be) a very special place: a subterranean site, a cavern, who provided an access to a world which does not belong to the world of living men.

It was the entrance to the Purgatory: the Purgatory of St. Patrick.

This legend belongs to the most ancient traditions of Ireland, possibly dating back to the fifth century A.D., when St. Patrick came to Ireland to convert the heathens to the new Christian faith. A tradition which, for more than a thousand years, attracted to this far-away site an uninterrupted flow of pilgrims, knights, aristocrats whishing to gain an absolution for their sinful lives. And to experience the adventures of Owein: the knight who entered the netherworld, the Purgatory, and lived to tell.

A distant, secluded, inhabited point of Europe. Just like the Monti Sibillini, in the Italian Apennines.
A gloomy cavern, the entrance to a world of supernatural evil, inhabited by demons. Just like the dark, wicked court of the Apennine Sibyl.
A magical, subterranean realm. Just like the underground kingdom of the Sibyl of the Apennines.
A daring knight, who creeps into subterranean recesses. Just like Guerrino the Wretch and the German knight described by Antoine de La Sale.
A compelling, best-selling tale about the Purgatory of St. Patrick narrated in dozens of literary witnesses throughout the centuries. Just like the story of the Apennine Sibyl.

So, the Purgatory of St. Patrick seems to show close resemblances to our Apennine Sibyl.
And, by all appearances, if you look at the miniatures showing Owein as he enters the Irish Purgatory and Antoine de La Sale creeping into the Sibyl's cave (see figure), the correspondence is striking.

But the earliest traces of the Sibyl are contained in fifteenth-century works such as "Guerrino the Wretch" and "The Paradise of Queen Sibyl".
Instead, the tale of Owein and his exploration of the Purgatory of St. Patrick is contained in much older manuscripts, dating to the second half of the twelfth century. A much older story.

Did the more ancient Purgatory of St. Patrick inspire the subsequent narratives on the Apennine Sibyl's legend?

The answer is yes, as we will demonstrate in the next article.

[In the picture: the opening of the "noble et merveilleuse histoire du Purgatoire Saint Patrice" contained in Manuscript no. Fr 1544 (Folium 105 recto) dating to the fourteenth century preserved at the Bibliothèque Nationale de France, and a similar miniature contained in the Chantilly manuscript of Antoine de La Sale's "The Paradise of Queen Sibyl"]
I Cavalieri della Sibilla - Il Purgatorio di San Patrizio, una fonte comune per Guerrin Meschino e Antoine de La Sale /1
Nell'approfondire la leggenda della Sibilla Appenninica, abbiamo visto come Guerrin Meschino e i cavalieri descritti da Antoine de La Sale si trovino ad avere qualcosa in comune con cavalieri ancor più antichi; Huon di Bordeaux e Ugone d'Alvernia, i protagonisti di poemi cavallereschi franco-italiani descritti in manoscritti più risalenti. Esplorazioni compiute in regni incantati abitati da malvagie regine o da fanciulle il cui nome è "Sebile", magici meccanismi di metallo rapidamente roteanti, ponti incantati sottili come rasoi, viaggi di penitenza presso il Papa: tutto suona come estremamente familiare all'orecchio di chi frequenta abitualmente i temi della leggenda italiana della Sibilla Appenninica.

E arriviamo adesso a Owein.

Owein: un altro cavaliere, un altro coraggioso esploratore, un altro personaggio cavalleresco descritto nei manoscritti dei secoli passati, il quale compie le sue gesta nel contesto di una delle tradizioni più antiche di tutto il Medioevo europeo. Un cavaliere che non appartiene alla tradizione franco-italiana che abbiamo già avuto modo di considerare: egli proviene, invece, direttamente dal mondo delle antiche leggende dell'Irlanda gaelica.

In effetti, si tratta di un cavaliere molto particolare: egli è passato attraverso il mondo dell'oltretomba, e il suo passaggio sembra essere collegato ai viaggi di Guerrin Meschino e alle esplorazioni dei cavalieri di Antoine de La Sale nelle viscere del Monte della Sibilla.

Owein ha qualcosa a che fare con la Sibilla Appenninica.

Stiamo per compiere un incredibile viaggio in regioni dell'Europa settentrionale che non costituiscono usualmente lo scenario della tradizione sibillina: eppure, mostreremo come i racconti quattrocenteschi sulla Sibilla Appenninica siano fortemente influenzati, e in alcuni casi determinati, da questa tradizione letteraria significativamente più antica, originatasi da antiche leggende irlandesi. Un collegamento stupefacente tra il Nord e il Sud dell'Europa, in un contesto condiviso di racconti leggendari: l'antica Irlanda chiama gli Appennini italiani, e abbiamo evidenza che questo richiamo abbia avuto una risposta.

Il nostro viaggio comincia in un luogo specifico, un punto isolato, perduto in un lontano angolo d'Europa: Lough Derg, un lago situato nella Contea di Donegal, Irlanda. In questo lago, c'era (e si crede che vi sia ancora) un luogo molto speciale: un sito sotterraneo, una caverna, che forniva l'accesso ad un mondo che non appartiene al mondo degli uomini viventi.

Era l'accesso al Purgatorio: il Purgatorio di San Patrizio.

Questa leggenda appartiene ai miti più antichi dell'Irlanda, essendo forse databile al V sec. d.C., quando San Patrizio giunse nell'isola per convertire i pagani alla nuova fede cristiana. Una tradizione che, per più di mille anni, ha attirato presso questo sito così remoto un flusso ininterrotto di pellegrini, cavalieri e nobili aristocratici, desiderosi di ottenere il perdono per le proprie vite di peccatori. E di rivivere le avventure di Owein: il cavaliere che entrò nel mondo al di là della morte, il Purgatorio, e che visse per raccontarlo.

Un luogo distante, appartato, disabitato d'Europa. Proprio come i Monti SIbillini, negli Appennini italiani.
Una caverna oscura, l'ingresso ad un mondo sovrannaturale e malvagio, abitato da dèmoni. Proprio come la tenebrosa, maligna corte della Sibilla Appenninica.
Un magico regno sotterraneo. Proprio come il dominio tenebroso della Sibilla degli Appennini.
Un coraggioso cavaliere, che si introduce nei proibiti recessi sotterranei. Proprio come Guerrin Meschino e il cavaliere tedesco descritto da Antoine de La Sale.
Una narrazione avvincente e di grandissimo successo che racconta del Purgatorio di San Patrizio, contenuta in decine e decine di testimonianze letterarie attraverso i secoli. Proprio come la storia della Sibilla Appenninica.

Dunque, il Purgatorio di San Patrizio sembra mostrare alcune importanti corrispondenze con la nostra Sibilla Appenninica.
E, in tutta evidenza, se osserviamo le miniature che mostrano Owein penetrare nel Purgatorio irlandese e Antoine de La Sale mentre si introduce nella Grotta della Sibilla (vedere figura), la somiglianza risulta essere veramente straordinaria.

Il fatto è che le tracce più antiche relative alla Sibilla sono contenute in opere risalenti all'inizio del quindicesimo secolo, come "Guerrin Meschino" e "Il Paradiso della Regina Sibilla".
Invece, il racconto di Owein e della sua esplorazione al Purgatorio di San Patrizio è contenuta in manoscritti molto più antichi, risalenti alla seconda metà del dodicesimo secolo. Una storia, dunque, ben precedente.

È possibile che il più antico Purgatorio di San Patrizio abbia potuto ispirare le successive sequenze narrative connesse alla Sibilla Appenninica?

La risposta è sì, come dimostreremo nel prossimo articolo.

[nell'immagine: l'inizio della "noble et merveilleuse histoire du Purgatoire Saint Patrice" contenuta nel Manoscritto Fr 1544 (Folio 105 recto) del quattordicesimo secolo conservato presso la Bibliothèque Nationale de France, e una miniatura simile alla precedente contenuta nel manoscritto di Chantilly del "Paradiso della Regina Sibilla" di Antoine de La Sale]


















2 Jan 2018
The Knights of the Sibyl - Guerrino the Wretch and his forefathers: Huon d'Auvergne /3
"Guerrino the Wretch" and "The Paradis of Queen Sibyl": two most renowned fifteenth-century works which are the cornerstones of the legend of the Apennine Sibyl. Do such books originate from earlier works?

Apparently, they have no ancestor: they seem to have popped up from a literary void. But this is not true: this void is full of elusive clues, contained in a number of earlier epic poems. We saw that "Huon of Bordeaux", dating back to the thirteenth century, includes narrative themes that are also retrieved in the later sibilline literature.

And another Huon, namely "Huon d'Auvergne", an epic set down on fourteenth-century manuscripts but descending from earlier oral traditions, seems to portray an evil queen featuring the same characters as the Apennine Sibyl.

But let's go further ahead. If we continue our perusal of "Huon d'Auvergne" we find out other astounding correspondences with the Sibyl's legend.

In the ancient epic, the brave knight Huon d'Auvergne sets off in a supernatural travel into Hell, the way Dante Alighieri had described in his "Divine Comedy". During his journey, beyond the Limbo and a castle containing the souls of illustrious pagans, Huon stumbles upon something we know already from the Sibyl's legend: an unfathomable abyss, and a very special bridge crossing it.

«There he can see no bridge made of wood or stone,
but only a plank was there to cross.
I will tell you how cruel was that bridge:
Its top side is as sharp as an arrow
And it cleaves more easily than a sword;
Nobody can get through that waters
but for that bridge I am telling you about.
Huon looked at it and began to weep,
[...] first he signed himself with the cross,
then they ventured across the bridge with small steps,
so that they safely reached the far edge.»

[in the original French-Italian text at Folium 101 recto in the Padua manuscript:
«No llì vete ponte de legname ni de piere,
Ma un stangon lì vè desovra stere.
La crudelitade del ponte ve voio contere:
Desovra è agudo como quarel d'açere
E pluy ca spada ello taia volentiere,
E algun non può oltra quela aqua paxere
Se no per quel ponte ch'io vo contere.
Ugo lo guarda, molto prexe a llarmoiere,
[...] primamente se fè la croxe al vis,
Po se meteno su per lo ponte a pas petis,
Tanto che sono olltro el pont sulla ris.»]

The bridge on the abyss: a magical, frightfully narrow path which lets the sinner fall down as he treads on it, and yet allowing the passage of the faithful, its narrowness being just an illusion, its width broadening as the true believer in God accepts its challenge.

The very same bridge we find in Antoine de La Sale's "The Paradise of Queen Sibyl", deep within Mount Sibyl and the Sibyl's cave:

«Then you find a bridge, made of some unknown material, but it is said to be less than a single foot wide and it seems to be extending far ahed. Below the bridge, a ghastly, precipitating abyss [...] Yet as soon as you put both feet on the bridge, it becomes large enough; and the more you step ahead, the more it widens and the abyss becomes shallower» [in the original French text: «Lors trouve-l'on ung pont, que on ne scet de quoy il est, mais est advis qu'il n'est mie ung pied de large et semble estre moult long. Dessoubz ce pont, a très grant et hydeux abisme de parfondeur [...] Mais aussitost que on a les deux pieds sur le pont, il est assez large; et tant va on plus avant et plus est large et moins creux»].

A bridge - we note incidentally - that comes down from an even earlier tradition, lost in the mist of the Middle Ages, as we will detail in a subsequent article.

That's enough? Not at all.

Because, just a few folia ahead in the Padoa manuscript, when Huon arrives to the castle of Lucifer, we find another striking occurrence, already found in Antoine de la Sale:

«A lofty palace, with a tower standing before it,
Not made of stone as towers are used to be made;
That is made of metal, and tempered iron;
High walls are around the palace,
A front gate guarded by two lions,
And the gate is such
That as soon as it is swung open,
No blade is as sharp as the gate itself,
the doors cutting easily and sweetly;
they just keep on opening up and shutting close».

[in the original French-Italian text at Folia 105 verso and 106 recto]:
«Alto è el pallaço, una tore davanti lì à,
No è de piere como le tore se fa,
Ançy è d'açalle e de fero tenperà;
Alti son li muri ch'el palaço cricundà,
Davanti à una porta che do lion guardà,
E quele porte tal natura si à
Si tosto como elle averte incontenente se serà,
El non è raxori tanto taienti e filà
Che taia cossì soave como quele porte fa;
De serar e de avre alltro elle non fa».]


Amazingly enough, this is just the metal device lashing «throughout summers and winters» («batent et yver et esté») we already encountered in "Huon of Bordeaux", another chivalric poem, and in de La Sale's "The Paradise of Queen Sibyl", with its metal doors «slamming day and night without rest» («qui jour et nuyt et sans ceser battent, cloant et ouvrant»)! Another ancient narrative belonging to an old Middle Age tradition.

So it appears clear to us that specific links exist between "Huon d'Auvergne" and the sibilline literary lore: the tale about the Apennine Sibyl seems to have inherited specific attributes that once belonged to the dens of earlier "villains" appearing in older chivalric poems.

Did people such as Antoine de La Sale and Andrea da Barberino know of those older poems?

The answer is yes. De La Sale was a man of letter and a courtier. Andrea da Barberino did something even more conclusive: at the end of the fourteenth century he wrote an Italian translation of "Huon d'Auvergne": a romance whose title is "Ugone d'Avernia", a sort of "Guerrino the Wretch" containing the Huon's deeds and adventures expanded from the original manuscipts of "Huon d'Auvergne".

Therefore, we can state that the Apennine Sibyl's legendary lore contains literary topics that are drawn from earlier chivalric works: these topics are assigned by illustrious men of letters (Andrea da Barberino and Antoine de La Sale) to a specific place and cavern located on a remote peak of the Apennines, which, for some reasons, already used to attract visitors interested in necromancy and concealed magical kingdoms.

All that sounds as an astoundingly interesting area for further research.
I Cavalieri della Sibilla - Guerrin Meschino e i suoi antecedenti: Ugone d'Alvernia /3
"Guerrin Meschino" e "Il Paradiso della Regina Sibilla": due notissime opere letterarie, risalenti all'inizio del quindicesimo secolo, che rappresentano le pietre fondanti della leggenda della Sibilla Appenninica. Ma a quali precedenti volumi si sono ispirate?

Apparentemente, quei due componimenti non si sono ispirati a nessuna opera antecedente: sembra proprio che essi abbiano trovato origine in un vero e proprio vuoto letterario. Ma questo non è affatto vero: questo vuoto è in realtà pieno di tracce elusive, contenute in un insieme di poemi cavallereschi ancora più antichi. Abbiamo visto, infatti, come "Huon da Bordeaux", opera risalente al tredicesimo secolo, includa temi narrativi che risultano essere rinvenibili anche nella successiva letteratura sibillina.

E anche un ulteriore "Ugone" - in francese "Huon d'Auvergne", un poema epico reperibile in manoscritti risalenti al quattordicesimo secolo e provenienti da tradizioni orali ancor più antiche - sembra descrivere una malvagia regina con caratteri simili a quelli della Sibilla Appenninica.

Ma proseguiamo nel nostro approfondimento. Se continuiamo a scorrere il testo dell'"Huon d'Auvergne", ci imbattiamo in nuove, sbalorditive corrispondenze con la leggenda della Sibilla.

Nell'antico poema epico, il valoroso cavaliere Ugone d'Alvernia intraprende una soprannaturale esplorazione dell'Inferno, secondo un modello già descritto da Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia". Nel corso di questo viaggio, al di là del Limbo e oltre un castello ospitante le anime di pagani illustri, Huon si imbatte in qualcosa che già ben conosciamo nel contesto della leggenda della Sibilla: un insondabile abisso, e un ponte molto speciale che lo attraversa.

«Lì non vede ponte fatto di legno, né di pietra,
Ma un asse solamente si trovava lì.
La malvagità di quel ponte vi voglio raccontare:
Sopra è acuminato come una punta di freccia
E più che spada esso è in grado di tagliare,
E nessuno può passare oltre quell'acqua
Se non attraverso quel ponte che sto per raccontare.
Ugo lo vede, e molto comincia a piangere
[...] Prima si segna al viso con la croce,
Poi si avventurano sul ponte a piccoli passi,
Tanto che di quel ponte raggiungono l'altro estremo».

[nel testo originale Franco-Italiano al folio 101 recto del manoscritto padovano:
«No llì vete ponte de legname ni de piere,
Ma un stangon lì vè desovra stere.
La crudelitade del ponte ve voio contere:
Desovra è agudo como quarel d'açere
E pluy ca spada ello taia volentiere,
E algun non può oltra quela aqua paxere
Se no per quel ponte ch'io vo contere.
Ugo lo guarda, molto prexe a llarmoiere,
[...] primamente se fè la croxe al vis,
Po se meteno su per lo ponte a pas petis,
Tanto che sono olltro el pont sulla ris.»]

Il ponte sull'abisso: un sentiero magico, paurosamente sottile, lungo il quale il peccatore che tenti il passaggio non può che cadere nell'oscurità, ma che accoglie il transito del fedele, risultando solo un'illusione il suo essere tagliente, la sua ampiezza che si allarga quando il vero credente in Dio ne accetta la sfida.

È lo stesso ponte che troviamo ne "Il Paradiso della Regina Sibilla" di Antoine de La Sale, sepolto profondamente al'interno del Monte Sibilla e della sua caverna:

«Poi si trova un ponte, del quale non si capisce di quale materia sia costruito, ma si dice che non sia più largo di un piede e sembrerebbe essere molto lungo. Al di sotto di questo ponte, un grande e spaventoso abisso di enorme profondità [...] Ma non appena si pongono i due piedi sul ponte, egli diviene largo a sufficienza; e più si procede innanzi e più esso diviene largo e l'abisso meno profondo» [Nel testo originale francese: «Lors trouve-l'on ung pont, que on ne scet de quoy il est, mais est advis qu'il n'est mie ung pied de large et semble estre moult long. Dessoubz ce pont, a très grant et hydeux abisme de parfondeur [...] Mais aussitost que on a les deux pieds sur le pont, il est assez large; et tant va on plus avant et plus est large et moins creux».]

Un ponte - notiamo qui incidentalmente - che proviene da un passato ancor più remoto, perduto nelle nebbie del Medioevo, come illustreremo meglio in un prossimo articolo.

Questo è tutto? Niente affatto.

Perché, solamente alcuni folia più avanti nel manoscritto padovano, quando Huon arriva al castello di Lucifero, ci imbattiamo in un'ulteriore luogo narrativo, reperibile anche nel testo di Antoine de La Sale:

«Alto è il palazzo, una torre si erge di fronte,
Non è di pietra come di solito son fatte le torri;
Questa è d'acciaio e di ferro temperato;
Alte sono le mura che circondano il palazzo,
Di fronte è un portale custodito da due leoni,
E il portale ha natura tale
Che non appena esso viene aperto,
non esiste lama tanto tagliente e affilata
che tagli così dolcemente come quella porta fa;
ella altro non fa che chiudersi e aprirsi».

[nel testo originale franco-italiano al folium 105 verso e 106 recto:
«Alto è el pallaço, una tore davanti lì à,
No è de piere como le tore se fa,
Ançy è d'açalle e de fero tenperà;
Alti son li muri ch'el palaço cricundà,
Davanti à una porta che do lion guardà,
E quele porte tal natura si à
Si tosto como elle averte incontenente se serà,
El non è raxori tanto taienti e filà
Che taia cossì soave como quele porte fa;
De serar e de avre alltro elle non fa».]

Incredibilmente, questa non è che la descrizione del meccanismo di metallo che sferza «senza requie estate e inverno», già da noi incontrato nell'"Huon da Bordeaux", un altro poema cavalleresco, e anche ne "Il Paradiso della Regina Sibilla" di Antoine de La Sale, con le sue porte metalliche «che giorno e notte sbattono senza arrestarsi mai, aprendosi e chiudendosi» («qui jour et nuyt et sans ceser battent, cloant et ouvrant»)! Un altro tema narrativo molto antico, appartenente a tradizioni medievali che si perdono nel tempo.

Appare dunque chiaro come sussistano connessioni specifiche tra "Huon d'Auvergne" e la tradizione letteraria sibillina: il racconto mitico della Sibilla sembra avere ereditato alcuni peculiari attributi che, un tempo, sono appartenuti a precedenti rifugi di "cattivi" apparsi in poemi cavallereschi maggiormente risalenti nel tempo.

Ma, questi poemi più antichi, erano noti ad autori come Antoine de La Sale e Andrea da Barberino?

La risposta è sì. De La Sale fu cortigiano e uomo di lettere. Andrea da Barberino fece qualcosa di ancor più significativo: alla fine del quattordicesimo secolo, egli scrisse una traduzione italiana dell'"Huon d'Auvergne": un romanzo il cui titolo è "Ugone d'Avernia", una sorta di "Guerrin Meschino" contenente le gesta e le avventure di Huon, in versione arricchita rispetto ai manoscritti originali di "Huon d'Auvergne".

Alla fine di questa analisi, possiamo quindi affermare come la tradizione leggendaria relativa alla Sibilla Appenninica contenga motivi letterari tratti da precedenti poemi cavallereschi: questi motivi vengono assegnati da illustri letterati (Andrea da Barberino e Antoine de La Sale) ad un luogo specifico, e alla sua caverna, localizzati su di un remoto picco degli Appennini - il quale, per qualche ragione, costituiva già un punto d'attrazione per visitatori interessati alla negromanzia e a magici regni nascosti.

Tutto ciò appare costituire un'area di grandissimo interesse per l'effettuazione di ulteriori ricerche.






















30 Dec 2017
The Knights of the Sibyl - Guerrino the Wretch and his forefathers: Huon d'Auvergne /2
Let's continue to find footprints of the legend of the Apennine Sibyl in "Huon d'Auvergne", an epic poem which includes episodes that seem to be the ancestors of narrative sequences encountered in the sibilline literature ("Guerrino the Wretch", "The Paradis of Queen Sibyl").

We saw that the main character, Huon d'Auvergne, runs into three damsels and an enchanted court, subject to the rule of a most beautiful lady who features many traits in common with the Sibyl.

Just like Guerrino the Wretch, Huon follows the damsels to meet the handsome queen, but - as with the Sibyl's subterranean court - an evil spell is working on the brave hero: «the Devil was using all his powers - to lead him into wicked straits» [«che·llo diavollo adoverave la sso possançe - de condurlo a malvasse sentançe»]. The spell of the magnificent castle he is led into is so powerful that Huon thinks to himself that «I would never go back to my Alvernia» («mai non curerav'io in Alvernia torner»).

That's exactly the same magical spell that locked the visiting knights forever within the enchanted kingdom of the Apennine Sibyl.

When Huon is admitted to the presence of the queen («la raina»), his eyes behold a most beautiful woman; yet our valiant knight «knows for certain that her fairness was fake and illusory» («sapié per certaine - che sso belleça era falssa e vaine»). The above words remind to us the entreaty raised by Guerrino in his heart when he was before the Queen Sibyl and her divine beauty: «he said for three times 'Jesu Christ from Nazareth free my soul from such beguilements'» («disse tre volte Iesu christo nazareno libera me da questi incantamenti»).

In "Huon d'Auvergne", the queen will try to lure Huon into sin - the same luxurious sin as offered by the Apennine Sibyl to her visitors: and Huon will raise the very same cry - «come to my aid, Jesus from Nazareth» [«Secori lo to servo, naçareno Jexhu»] - as Guerrino the Wretch will utter in despair in an identical occurrence in Andrea da Barberino's romance: «Jesus Christ from Nazareth save my soul» [«Iesu christo nazareno fame salvo»].

At last, both Huon and Guerrino actually succeed in preserving their own purity: they resist the enticements presented to them by their ghastly queens, so that all enchantments disappear and they can leave the magical kingdoms unblemished.

Huon's queen and the Apennine Sibyl - both coming from the mountains, skilled in necromancy, ruling a splendid yet illusory court, described as wise and providing oracular responses, craving for the souls of visitors, luring people into sin: is the Sibyl we know from Andrea da Barberino's and Antoine de La Sale's works descending from a earlier model, already contained in "Huon d'Auvergne" epic romance (which is in turn based on an even earlier oral tradition)?

The answer is... perhaps! But, before we provide a more definite response, let's have a look at further correspondences between "Huon" and his later offsprings.

Because there are actually further correspondences between "Huon d'Auvergne" and the literary works pertaining to the Apennine Sibyl. We will highlight them in our next post.

[In the picture: a fine miniature depicting a knight and a queen, from a manuscript containing the romance "Yvain"]
I Cavalieri della Sibilla - Guerrin Meschino e i suoi antecedenti: Ugone d'Alvernia /2
Continuiamo a ricercare le impronte della Sibilla Appenninica all'interno di "Huon d'Auvergne", un poema epico comprendente episodi i quali sembrerebbero costituire gli antecedenti di sequenze narrative presenti nella letteratura sibillina ("Guerrin Meschino", "Il Paradiso della Regina Sibilla").

Abbiamo già visto come il protagonista del poema, Huon d'Auvergne, si imbatta in tre damigelle e in una corte incantata, governata da una dama meravigliosa la quale presenta molti tratti in comune con la nostra Sibilla.

Esattamente come Guerrin Meschino, Huon segue le fanciulle e viene condotto alla presenza della bellissima signora di quel luogo, ma - proprio come alla corte sotterranea della Sibilla Appenninica - un malvagio incantesimo sta operando sul coraggioso cavaliere: «il demonio adoperava tutta la sua potenza - per condurlo in una maligna condizione» [«che·llo diavollo adoverave la sso possançe - de condurlo a malvasse sentançe»]. La magia del meraviglioso castello nel quale egli è introdotto risulta essere così intensa che Huon non può che trovarsi a pensare, tra sé e sé, «mai non curerav'io in Alvernia torner».

Ma questo non è altro che lo stesso magico incantamento che tratteneva prigionieri quei cavalieri in visita presso il regno fatato della Sibilla Appenninica.

Quando Huon viene ammesso alla presenza della regina («la raina»), i suoi occhi si posano su di una donna dalla straordinaria bellezza; eppure, il nostro coraggioso cavaliere «sa per certo che la sua bellezza era falsa e vana» («sapié per certaine - che sso belleça era falssa e vaine»). Queste parole ci ricordano l'invocazione pronunciata da Guerrino nel proprio cuore quando egli venne a trovarsi di fronte alla Regina Sibilla e alla sua divina bellezza: «disse tre volte Iesu christo nazareno libera me da questi incantamenti».

Nell'"Huon d'Auvergne", la regina tenterà di indurre Huon a peccare - lo stesso peccato di lussuria con il quale anche la Sibilla Appenninica tentava di irretire i propri visitatori: e Huon innalzerà esattamente la stessa lamentazione - «soccorri il tuo servo, Gesù di Nazareth» [«Secori lo to servo, naçareno Jexhu»] - pronunciata anche da Guerrin Meschino quando si troverà in una identica situazione di pericolo nel romanzo di Andrea da Barberino: «Iesu christo nazareno fame salvo».

Alla fine, sia Huon che Guerrino riusciranno a preservare intatta la propria purezza: essi resisteranno alle malvagie tentazioni offerte loro dalle rispettive regine, tutti gli incantamenti scompariranno e i due cavalieri potranno lasciare, ancora senza macchia, i due magici regni.

La regina di Huon e la Sibilla Appenninica - entrambe provenienti dalle montagne, esperte nelle arti negromantiche, al centro di splendide corti, regni d'illusione, descritte come donne sapienti e in grado di fornire responsi oracolari, bramose di impadronirsi delle anime dei visitatori, precipitandoli nel peccato: è possibile che la Sibilla descritta nelle opere di Andrea da Barberino e Antoine de La Sale discenda da un modello più antico, già contenuto nel poema epico "Huon d'Auvergne" (a propria volta basato su tradizioni orali ancora più antiche)?

La risposta è... forse! Ma prima di fornire un responso più preciso, andremo a verificare le ulteriori corrispondenze sussistenti tra "Huon" e le opere letterarie che narrano della Sibilla Appenninica.

Perché - è palese - esistono ulteriori, evidenti corrispondenze. Che andremo a porre in evidenza nel prossimo articolo.

[Nell'immagine: una preziosa miniatura raffigurante un cavaliere e una regina, da un manoscritto contenente il romanzo "Yvain"]















29 Dec 2017
The Knights of the Sibyl - Guerrino the Wretch and his forefathers: Huon d'Auvergne /1
As considered in a previous paper, we are in search of clues which may guide scholars towards an improved understanding of the literary sources used by Andrea da Barberino in his chivalric romance "Guerrino the Wretch", and by Antoine de La Sale in his "The Paradise of Queen Sibyl".

Where did the two listed authors get specific episodes from? Is there any literary ancestor of such peculiar themes as the revolving metal doors featured in the "Paradise", or the journey to Rome in search of an absolution to be bestowed by the Pope, as found in "Guerrino", "The Paradise" and even "Tannhäuser"?

We saw that such an ancestor is partly to be retrieved in "Huon of Bordeaux", a thirteenth-century epic poem written in French: a poem including specific episodes as found in the works written one hundred fifty years later by the above writers, Andrea da Barberino and Antoine de La Sale.

However, this progenitor is not the one and only.

Now we are going to turn our attention to another "Huon": this time we will consider "Huon d'Auvergne", another chivalric poem belonging to an ancient French-Italian tradition, for which four surviving manuscripts (Berlin, Turin, Padua, Bologna) dating between 1341 and 1441 provide a hihgly interesting witness to an ancestry that appears to be rooted in a past that seems to come down straight from earlier centuries.

Huon d'Auvergne - just like his namesake Huon of Bordeaux, Guerrino the Wretch and the Antoine de La Sale's German nobleman - is a knight and a member of the aristocracy. He is the main character of a romance which features epic deeds of loyalty and betrayal, travels in far-away countries and exploration of magical lands. As Huon from Bordeaux and Guerrino, this second Huon also lives in the age of Emperor Charlemagne and his lineage.

Has "Huon d'Auvergne" anything to do with the Apennine Sibyl's literary legend and lore?

The answer is actually yes. This valiant knight experiences a number of adventures which seem to have a close connection to the magical world of the Apennine Sibyl as we know it from other literary works, though no direct reference to the sibilline legend is present in "Huon d'Auvergne".

A most striking episode is contained in Manuscript n. 32 preserved at the Library of the Episcopal Theological School in Padua (Italy). In the folium no. 59, Huon d'Auvergne is travelling near the Tigris river. And there he meets three handsome damsels:

«three damsels [...] Each one of them was remarkably handsome - their eyes sparkling and their cheecks most white - and as red as fresh roses - their slender arms on their beautiful shoulders - their breasts dancing before them»

[in the original French-Italian text: «tre damissele [...] De gran beleça fo çascuna d'eles - Li so ochi à vari e blanche lor maseles - Color vermeio como ruoxe noveles - Sulle spale pendeano lor dreçe beles - Davanti lo sso peti ponceano le so mameles»].

The scene is significantly similar to that depicted in Andrea da Barberino's "Guerrino the Wretch", when the main character, in the hidden recesses of the Sibyl's cave, knocks at a door flanked by two sculpted demons. The door opens, and three damsels appear before the brave knight:

«the three damsels were so handsome and perfectly shaped that no tongue will ever be able to depict their beauty» [in the original Italian text: «queste erano tre damigelle tanto polite e belle che lingua mai non lo potrebe dire tanto era la loro beleza»].

Then Guerrino meets the Sibyl, and she «shows him her own fairness and her white flesh, with her breasts which looked like polished ivory» [in the original Italian text: «mostrandoli la sua belleza e le sue bianche carne e le mamelle che pareano proprio che fossero da volio»].

Just a typical chivalric episode, with beautiful ladies who lure the unblemished knights into sin, and with no relation at all with the Sibyl's legend?

We don't think so. Because in the excerpt from "Huon d'Auvergne" we find a few additional lines that are utterly astonishing. When Huon asks the ladies where they are from, the answer provided by the pretty damsels is as follows:

«You must be aware that our master
is a dame from the mountain.
Neither Medea nor Helen were so fair,
and no other woman was so wise in Britain;
She is proficient in black arts,
more than all the scholars in Toledo and Spain»

[in the original French-Italian text:
«Tu dé saver ch'el nostro capetaine
È una dame de çà da la montagne.
No fo si bela Medea ni Helaine,
Nian si savia fui in Bertagne;
De negromencia ella è sovraine,
Plui che no sé sença ingagne
Tuti li maistri de Toleta ni de Spagne»].

And they add: «she knows the language of necromancy - if you know how to ask and tell her [...] - you will be able to know how to go to Mount Hell» [in the original French-Italian text: «de negromançia sa tuto lo latin - Se tu te saveré domandar e contar a lei ben vexin [...] - E può saver da lie tuto lo train - Como tu anderé al munte inferin»].

So a "dame from the mountain" rules over a court of handsome ladies and delivers oracular responses to her visitors: it seems to hear an echo, faint as it may be, of the Sibyl residing under the Apennine mountains. And the dame is called «savia» (wise): the very same Italian word used by Andrea da Barberino to define the Sibyl throughout his romance!

Does the Apennine Sibyl described in works such as "Guerrino the Wretch" and "The Paradise of Queen Sibyl" originates from an ancient model of fairy dame included in an earlier chivalric poem, "Huon d'Auvergne"?

Before providing an answer, let's continue with our insight into "Huon": we will find many other - astounding - correspondences.

[In the picture: a page from one of the surviving manuscripts containing "Huon d'Auvergne", preserved at the Library of the Episcopal Theological School in Padua (Italy)]
I Cavalieri della Sibilla - Guerrin Meschino e i suoi antecedenti: Ugone d'Alvernia /1
Come illustrato in un precedente articolo, siamo oggi alla ricerca di indizi che possano guidare gli studiosi verso una migliore comprensione delle fonti letterarie utilizzate da Andrea da Barberino nel suo romanzo cavalleresco "Guerrin Meschino" e da Antoine de La Sale nel suo "Il Paradiso della Regina Sibilla".

Da dove trassero, quei due autori, le idee per alcuni specifici episodi presenti nelle loro opere? Esiste un antenato letterario di episodi quali le porte metalliche in perenne movimento presentate ne "Il Paradiso della Regina Sibilla", o il viaggio a Roma per implorare l'assoluzione papale così come descritto in "Guerrino", nel "Paradiso" e anche nel "Tannhäuser"?

Sappiamo che un tale antenato è da identificarsi, quantomeno in parte, in "Huon da Bordeaux", un poema cavalleresco risalente al tredicesimo secolo, redatto in lingua francese: si tratta di un poema che include specifici episodi poi inseriti in opere redatte almeno centocinquanta anni più tardi dai predetti autori, Andrea da Barberino e Antoine de La Sale.

Eppure, questo progenitore non è l'unico.

Stiamo infatti per rivolgere la nostra attenzione verso un altro "Huon": questa volta andremo a considerare "Huon d'Auvergne", detto in italiano "Ugone d'Alvernia", un altro poema cavalleresco appartenente ad un'antica tradizione letteraria franco-italiana, del quale sopravvivono quattro manoscritti (Berlino, Torino, Padova, Bologna) databili tra il 1341 e il 1441, in grado di fornire una testimonianza di grandissimo interesse in relazione ad una filiazione letteraria che sembra radicarsi in un passato antico di molti secoli.

Ugone d'Alvernia - proprio come il suo omonimo Huon da Bordeaux, come Guerrin Meschino e come il nobile tedesco menzionato da Antoine de La Sale - è un cavaliere e un membro dell'aristocrazia. È il protagonista principale di una narrazione che racconta di gesta eroiche e tradimenti, viaggi in terre lontane ed esplorazioni di luoghi incantati. Come per l'Huon da Bordeaux e per Guerrino, anche questo Ugone vive e agisce all'epoca dell'Imperatore Carlomagno e della sua stirpe.

Esiste una relazione tra "Huon d'Auvergne" e la leggenda della Sibilla Appenninica?

La risposta è affermativa. Questo valente cavaliere, infatti, attraversa una serie di avventure che sembrano presentare una stretta connessione con il magico mondo della Sibilla Appenninica, così come a noi tramandato in altre opere, anche se nessuna diretta menzione alla Sibilla risulta essere inserita nell'"Huon d'Auvergne".

Un episodio che colpisce particolarmente il lettore è contenuto nel Manoscritto n. 32 conservato presso la Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova. Al foglio 59, Ugone d'Alvernia è in viaggio presso il fiume Tigri. Ed è qui che egli incontra tre bellissime damigelle:

«tre damigelle [...] ognuna di esse di grande bellezza - i loro occhi splendenti e bianche le loro guance - di color vermiglio come rose novelle - Sulle spalle le belle braccia - Innanzi ai loro petti i seni danzavano» [nel testo originale franco-italiano: «tre damissele [...] De gran beleça fo çascuna d'eles - Li so ochi à vari e blanche lor maseles - Color vermeio como ruoxe noveles - Sulle spale pendeano lor dreçe beles - Davanti lo·sso peti ponceano le so mameles»].

Questa scena è significativamente simile a quella descritta da Andrea da Barberino nel "Guerrin Meschino", nella quale il protagonista, già inoltratosi all'interno degli oscuri recessi della grotta della Sibilla, si trova a bussare ad una porta fiancheggiata da due dèmoni scolpiti:

«queste erano tre damigelle tanto polite e belle che lingua mai non lo potrebe dire tanto era la loro beleza».

Poi Guerrino incontra la Sibilla, la quale si presenta a lui «mostrandoli la sua belleza e le sue bianche carne e le mamelle che pareano proprio che fossero da volio».

Solamente un tipico episodio cavalleresco, con bellissime fanciulle intente ad irretire il cavaliere senza macchia, senza alcuna relazione con la leggenda sibillina?

Pensiamo che la cosa non possa essere così semplice. Perché nel brano tratto da "Huon" troviamo anche alcuni versi ulteriori, che ci sembrano essere particolarmente singolari. Quando Huon chiede alle damigelle di dove esse provengano, la risposta che viene fornita dalle fanciulle suona così:

«Tu devi sapere che il nostro capitano
è una dama di qui della montagna.
Né Medea né Elena furono mai così belle,
nessuna così saggia fu mai nella Bretagna
Ella è regina della negromanzia
molto più di tutti i maestri di Toledo e della Spagna»

[nel testo originale franco-italiano:
«Tu dé saver ch'el nostro capetaine
È una dame de çà da la montagne.
No fo si bela Medea ni Helaine,
Nian si savia fui in Bertagne;
De negromencia ella è sovraine,
Plui che no sé sença ingagne
Tuti li maistri de Toleta ni de Spagne»].

E aggiungono inoltre: «ella conosce tutto il latino delle arti magiche - se saprai domandare e ben raccontare [...] - potrai conoscere come recarti fino al monte dell'inferno» [nel testo originale franco-italiano: «de negromançia sa tuto lo latin - Se tu te saveré domandar e contar a lei ben vexin [...] - E può saver da lie tuto lo train - Como tu anderé al munte inferin»].

E così, una "dama della montagna" presiede una corte di magnifiche fanciulle, rilasciando responsi oracolari ai visitatori che si recano presso di lei: sembra proprio di udire un'eco, per quanto fievole, della Sibilla nascosta tra i suoi picchi appenninici. E quella dama è onorata come «savia»: esattamente la medesima parola utilizzata da Andrea da Barberino, nel proprio romanzo, per definire la Sibilla!

La Sibilla Appenninica descritta nel "Guerrin Meschino" e ne "Il Paradiso della Regina Sibilla" proviene forse da un antico modello di signora degli incantesimi contenuta in un precedente poema cavalleresco, "Huon d'Auvergne"?

Prima di tentare di rispondere a questa domanda, proviamo a continuare il nostro viaggio all'interno di "Huon": come si vedrà, troveremo molte altre - incredibili - corrispondenze.

[Nell'immagine: una pagina tratta da uno dei quattro manoscritti sopravvissuti recanti "Huon d'Auvergne", conservato presso la Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova]






















18 Dec 2017
The Knights of the Sibyl - Guerrino the Wretch and his forefathers: Huon of Bordeaux /2
A major problem in the investigation of the myth of the Apennine Sibyl is the literary origin of such works as “Guerrino the Wretch” by Andrea da Barberino and “The Paradise of Queen Sibyl” by Antoine de La Sale. Where did they get their tales from? Which earlier sources did they draw on?

Scholars are unanimous in saying that both authors put their hands in the world of chivalric romances and 'chansons de geste', usually set in the eighth and ninth century, the age of Emperor Charlemagne and the struggle between Christians and Moors.

Among the many epic poems pertaining to the Carolingian matter, with a preceding post we have highlighted the potential connections linking selected aspects of “Guerrino the Wretch” and “The Paradise of Queen Sibyl” with a specific chivalric poem which has not been adequately investigated with relation to the Apennine Sibyl and her legend: "Huon of Bordeaux", a thirteenth-century epic poem.

We saw that a specific episode in "Huon" appears to be very similar to one contained in “The Paradise of Queen Sibyl”: revolving metal devices (scourges in the former, doors in the latter) which protect the access to a fairy world (the Dunostre tower in the former, the inner galleries of the Sibyl's cave in the latter).

Yet similarities are not over.

Let's consider another famous episode found in "Guerrino the Wretch": as we already know, in Andrea da Barberino's chivalric romance the main character Guerrino rides to Rome so as to ask the Pope for forgiveness:

«He journeyed for many days heading to Rome. At the hotel he rested one day: then he went to St. Peter, and asked many people to have the chance to talk to the Holy Father [...] He kneeled down to the Pope's feet, he kissed them while he wept, as he cried for forgiveness». [in the original Italian text: «per molte giornate andò a Roma. A lo albergo se reposò uno giorno: poi andò a santo Pietro, e domandò a molti de parlare a lo santo padre [...] inzinochiose in sina a li soi piedi, e basò li piedi sempre pianzendo, e cridando misericordia»].

The same happens to a German knight (possibly Tannhäuser) in de La Sale's text:

«And when he arrived to Rome, with no hesitation, as soon as he could, he went to St. Peter. Then he threw himself at the feet of a priest [...] 'Holy Father, said the knight [...] I come to you, the Vicar of Christ, to beg for forgiveness and mercy». [in the original French text: «Et quant il fut à Romme, sans plus attendre, tant qu'il peult, en l'eglise Saint Pierre s'en va. Lors se gecta aux pieds d'ung penancier [...] 'Pere Sainct, dist le chevalier [...] je viens à vous, Vicaire de Dieu, pour requerir pardon et mercy»].

But this episode, reported in the listed fifteenth-century works, is no original at all. Can you imagine who went to the Pope - some two hundred years earlier - looking for an absolution?

Of course, that's Huon:

«They came to the city of Rome. That night they were housed in a hotel; they were much attended and honored. And the subsequent day, when the day came [...] they went to the monastery of St. Peter. The Pope was celebrating a high mass; Huon listened to it as well as his companions. When it was over and the celebrations had ended, and the Pope came back from the monastery, Huon walked toward him [...] He confessed all his sins to him» [in the original French text: «il sont venu à Romme le chité. Cele nuit sont herbegié à l'ostel; Moult furent bien servi et honneré. Et l'endemain, quant il fu ajorné [...] au mostier Saint Piere en sont alé. Li apostoles faisoit messe canter; Hues l'escoute et se gent autretel. Quand dite fu et li mestiers finés, Et l'apostoles est du mostier tornés. Hues li est à son encontre alés [...] A lui s'est lues li enfes confesés»].

The slamming metal trap. The travel to the Pope. All that stuff seems to be suspiciously similar in these different literary works. And there is also a third, striking occurrence linking Huon with the sibilline myth.

In the magical tower of Dunostre, beyond the metal scourges ceaselessly lashing and whipping to prevent visitors from passing through, another encounter awaits the hero. Who is waiting for Huon in the enchanted castle? The answer is utterly surprising:

«The son of Sewin [Huon] from the town of Bordeaux, stroke three great blows on the golden basin [which stood beside the bronze guards]. A maiden in the castle listened to the resounding noise, her name was SEBILE, a most handsome lady; as soon as the golden basin resounded, she went by a window and saw Huon who was trying to get in». [in the original French text: «Li fieus Sewins, de Bordiax la cité, Sour le bacin qui fu f'or esmeré a fru trois cos par moult grande fierté. Une pucele ou u palais listé, Sebile ot nom, moult par ot de biauté; Si tost comme ot le bacin d'or sonner, A le fenestre s'en est venue ester, et voit Huon qui veut laiens entrer»].

The magical castle hides a young lady: a lady whose name is 'Sebile' - an ancient French spelling for the word 'Sibyl'.

Among all the possible names that might be selected for a maiden concealed within a magical tower, Huon is about to meet exactly 'Sibyl'. Just like Guerrino and de La Sale's German knight.

Just mere chance? Just another lucky strike connecting randomly "Huon of Bordeaux", "Guerrino the Wretch" and "The Paradise of Queen Sibyl"?

We don't think so. And it sounds strange to us that no professional scholars seem to have noticed the issue that stands out before our eyes. Here there is matter for much deeper study, involving a compared analysis of all three literary works.

However, that is exactly what "The Apennine Sibyl - A Mystery and a Legend" was born to: foster fresh attention and new research on a myth that still has much to deliver. And we will continue to propose new relevant reseach topics on a legend that continues to cast on men its timeless spell.

[In the picture: a drawing from the 1898 “Huon de Bourdeaux” precious edition by Gaston Paris, which shows Huon running his way through the bronze statues with their whipping scourges at Dunostre]
I Cavalieri della Sibilla - Guerrin Meschino e i suoi antecedenti: Huon da Bordeaux /2
Uno dei maggiori problemi nello studio e nell'approfondimento del mito della Sibilla Appenninica è l'origine letteraria di opere quali "Guerrin Meschino" di Andrea da Barberino e "Il Paradiso della Regina Sibilla" di Antoine de La Sale. Da dove furono tratte le vicende narrate in questi due componimenti? A quali fonti più antiche si ispirano?

Gli studiosi sono unanimi nell'affermare che entrambi gli autori si abbeverarono al mondo dei romanzi cavallereschi e delle "chansons de geste", ambientate nei secoli ottavo e nono, l'età dell'Imperatore Carlomagno e delle lotte tra Mori e Cristiani.

Tra i molti poemi epici appartenenti alle narrazioni carolingie, in un precedente post abbiamo posto in evidenza le possibili connessioni sussistenti tra alcuni episodi del "Guerrin Meschino" e del "Paradiso della Regina Sibilla" e un particolare poema cavalleresco che non è stato ancora oggetto di specifici studi in relazione alla Sibilla Appenninica e alla sua leggenda: "Huon da Bordeaux", un poema epico del tredicesimo secolo.

Abbiamo visto come uno specifico episodio tratto da "Huon" sembri essere significativamente simile ad una scena reperibile nel "Paradiso della Regina Sibilla": meccanismi metallici rotanti (flagelli nel primo, porte nel secondo) che proteggono l'accesso ad un luogo fatato (la torre di Dunostre nel primo, le gallerie più interne della Grotta della Sibilla nel secondo).

Ma le analogie non sono affatto terminate.

Andiamo a considerare un altro famoso episodio contenuto nel "Guerrin Meschino": come sappiamo, nel romanzo cavalleresco di Andrea da Barberino il protagonista Guerrino cavalca fino a Roma per chiedere al Pontefice il perdono dei propri peccati:

«Per molte giornate andò a Roma. A lo albergo se reposò uno giorno: poi andò a santo Pietro, e domandò a molti de parlare a lo santo padre [...] inzinochiose in sina a li soi piedi, e basò li piedi sempre pianzendo, e cridando misericordia».

Lo stesso accade anche al cavaliere tedesco (forse Tannhäuser) nel testo di de La Sale:

«E quando arrivò a Roma, senza attendere oltre, il prima che gli fu possibile, si recò alla chiesa di San Pietro. Lì si gettò ai piedi di un penitenziere [...] 'Padre Santo, disse il cavaliere, mi presento a voi, il Vicario di Dio, per cercare grazia e perdono» [nel testo originale francese: «Et quant il fut à Romme, sans plus attendre, tant qu'il peult, en l'eglise Saint Pierre s'en va. Lors se gecta aux pieds d'ung penancier [...] 'Pere Sainct, dist le chevalier [...] je viens à vous, Vicaire de Dieu, pour requerir pardon et mercy»].

Ma questo episodio, presente nelle due opere quattrocentesche, non è affatto originale. Potete immaginare chi si recò dal Papa - circa duecento anni prima - in cerca di assoluzione?

Naturalmente, si tratta proprio di Huon:

«Essi giunsero nella città di Roma. Quella notte furono alloggiati in un albergo; furono molto ben serviti e onorati. E il giorno successivo, quando fu giorno [...] se ne andarono al monastero di San Pietro. Il papa stava facendo cantar messa; Huon l'ascoltò, così come anche i suoi compagni. Quando fu terminata e le funzioni finite, e il papa ritornò dal monastero, Huon gli andò incontro [...] A lui confessò tutti i suoi peccati» [nel testo originale francese: «il sont venu à Romme le chité. Cele nuit sont herbegié à l'ostel; Moult furent bien servi et honneré. Et l'endemain, quant il fu ajorné [...] au mostier Saint Piere en sont alé. Li apostoles faisoit messe canter; Hues l'escoute et se gent autretel. Quand dite fu et li mestiers finés, Et l'apostoles est du mostier tornés. Hues li est à son encontre alés [...] A lui s'est lues li enfes confesés»].

La trappola mobile fatta di metallo. Il viaggio per incontrare il Papa. Tutto ciò sembra essere simile, troppo simile, nelle varie opere letterarie, per non destare sospetti. E c'è anche una terza, incredibile coincidenza che pare legare Huon con il mito sibillino.

Nella magica torre di Dunostre, oltre i flagelli di metallo che incessantemente impediscono ai visitatori di penetrare nella fortezza, un altro incontro attende il nostro eroe. Chi si trova in attesa di Huon nell'incantato castello? La risposta è del tutto sorprendente:

«Il figlio di Sewin [Huon], originario di Bordeaux, assestò tre colpi molto forti sul bacile d'oro [che si trovava accanto ai due guardiani di bronzo]. Una giovane nel palazzo udì il suono, SEBILE era il suo nome, fanciulla di grande bellezza; subito, come udì il bacile risuonare, se ne venne alla finestra, e vide Huon che tentava di entrare» [nel testo originale francese: «Li fieus Sewins, de Bordiax la cité, Sour le bacin qui fu f'or esmeré a fru trois cos par moult grande fierté. Une pucele ou u palais listé, Sebile ot nom, moult par ot de biauté; Si tost comme ot le bacin d'or sonner, A le fenestre s'en est venue ester, et voit Huon qui veut laiens entrer»].

Il magico castello nasconde una fanciulla: una giovane il cui nome è 'Sebile' - un'antica parola francese per 'Sibilla'.

Tra tutti i possibili nomi che avrebbero potuto essere prescelti per quella fanciulla chiusa nella torre incantata, Huon sta per incontrare esattamente 'Sibilla'. Proprio come Guerrino, proprio come il cavaliere tedesco di de La Sale.

Solo una coincidenza? Solamente un altro caso fortuito, che collega del tutto accidentalmente "Huon da Bordeaux", "Guerrin Meschino" e "Il Paradiso della Regina Sibilla"?

Crediamo proprio di no. E ci pare strano che nessuno studioso o accademico sembri avere notato il problema letterario che abbiamo appena posto. C'è sicuramente materia per studi molto più approfonditi, che possano occuparsi dell'analisi comparata dei tre testi citati.

Eppure, è proprio questo lo scopo per il quale il sito "Sibilla Appenninica - Il Mistero e la Leggenda" è nato: promuovere una rinnovata attenzione e nuovi studi nei confronti di un mito che tanto ha ancora da svelare. E continueremo quindi a presentare nuove proposte di ricerca in merito ad una leggenda che continua ad affascinare gli uomini con il proprio incantesimo senza tempo.

[Nell'immagine: un disegno tratto dalla rara edizione di “Huon da Bordeaux” curata nel 1898 da Gaston Paris, raffigurante Huon che supera le due statue di bronzo dotate di flagelli roteanti all'ingresso della torre di Dunostre]



























17 Dec 2017
The Knights of the Sibyl - Guerrino the Wretch and his forefathers: Huon of Bordeaux /1
A brave knight sneaks into a forbidden, magical place to meet a being named Sibyl. One of the ordeals he must go through is a slamming barrier made of glistening metal, oscillating in a perpetual motion so as to prevent the faint-hearted from entering the fairy kingdom. Moreover, the valiant hero takes a journey to Rome to ask the Pope for his forgiving blessing.

Who's that knight? Is he Guerrino the Wretch, the main character of Andrea da Barberino's fifteenth-century famous romance? Or, maybe, is he one the unnamed knights in search of the Apennine Sibyl depicted by Antoine de La Sale in his fifteenth-century work “The Paradise of Queen Sibyl”?

Not at all. We have just been recounting the adventures of a different, earlier knight: Huon of Bordeaux.

Not many people know that some traits of Guerrino's deeds and adventures are seemingly drawn from a more ancient work: 'Huon of Bordeaux', an epic poem written in French and dating to the thirteenth century.

Just like 'Guerrino the Wretch', 'Huon of Bordeaux' has experienced a long-lasting success throughout the centuries, with lots of adaptations, translations, prose versions, and even dramatizations. One of the most famous of them is centered on a fairy character that is met for the very first time in this poem: the character is Auberon (Oberon), and the play he inspired was William Shakespeare's 'A Midsummer Night's Dream'.

But let's go back to our thirteenth-century poem: the main character is Huon, a valiant knight serving at the court of Charlemagne. A knight just like Guerrino. A knight living in the same age as The Wretch.

The strange aspect in Huon's story - which was written more than one hundred fifty years before 'Guerrino the Wretch' and the 'Paradise of Queen Sibyl' were edited - is that a few details seem to have been used by Andrea da Barberino and Antoine de La Sale in their accounts about the Apennine Sibyl.

But nobody has ever investigated these details in depth.

Let's take Huon's adventures following his departure from Paris: just like Guerrino, he leaves Europe and begins a journey to remote, outlandish regions lying beyond the Holy Land. There, he is told about Dunostre, a tower sitting beside the Red Sea: a magical tower, a sort of labyrinth with 300 windows and 25 rooms. A forbidden place. And the place is protected by something we have already heard of elsewhere:

«Two men are standing at the gate; they are made of bronze, each man holding a double scourge, all made of metal and terror-inspiring. They never stop striking and lashing to and from, throughout summer and winter. In truth I tell you that no small bird, as quick as it may be flurrying about, would never be able to get into the palace without being killed; it would not succeed in getting through» [in the original French text: «Et s'a deux hommes à l'entrer de l'ostel; Tout sont de keuvre et fait et compasé, Si tient cascuns un flaiel acouplé, Tout sont de fer, moult font à redouter. Tout adès batent et yver et esté, Et si vous di, par fine veritè, Une aloete, que bien tost set voler, Ne poroit mie ens el palais voler Que ne fust morte; ne poroit escaper»].

But isn't this magical barrier a close relative of the metal doors described by Antoine de La Sale as standing in the enchanted cave of the Apennine Sibyl in Italy? For a comparison, the following are de La Sale's words:

«within that cave, up to the metal doors, which slam ceaselessly day and night, opening wide and then shutting close again [...] in the cavern, there are two doors made of metal, slamming day and night without rest [...] These doors slam so savagely that everyone who wishes to enter is made aware that nobody can get in without being caught between them and crushed like a small fly. And that was what frightened them the more...» [in the original French text: «dedans ceste cave, jusques es portes de mettail, qui jour et nuyt et sans ceser battent, cloant et ouvrant [...] à l'endroit de la cave, sont les deux portes de metal, qui jour et nuyt batent sans cesser [...] Ces portes batent par telle maniere qu'il est proprement advis à celluy qui entrer y doit, qui'il n'y pourroit entrer sans estre entre deux cueilly et tout effroissé comme une mousche. Et ce fut la chose qui le plus espouvanta...»].

The revolving trap. A metal device protecting a fairy place. The ceaseless motion across days and nights and summers and winters. The frightful appearance of the whole contrivance. The small animals - birds or insects - used as an example of the crushing effect on the bold adventurers... Very similar. And very suspicious.

And this is not the sole coincidence.

As we will ascertain in the next post.
I Cavalieri della Sibilla - Guerrin Meschino e i suoi antecedenti: Huon da Bordeaux /1
Un valoroso cavaliere riesce a penetrare all'interno di un magico luogo proibito, incontrando un essere chiamato Sibilla. Una delle prove che egli deve superare è costituita da una barriera di metallo che si apre e si chiude, con moto perpetuo ed incessante, in grado di impedire a chi sia privo di coraggio di entrare nel regno fatato. Inoltre, il nostro audace eroe decide di recarsi a Roma, per chiedere al Pontefice l'assoluzione e il perdono per i propri peccati.

Chi è questo cavaliere? Si tratta di Guerrin Meschino, il protagonista del famoso romanzo quattrocentesco di cui è autore Andrea da Barberino? O, forse, stiamo parlando di uno degli ignoti cavalieri in cerca della Sibilla Appenninica descritti da Antoine de La Sale nel suo resoconto "Il Paradiso della Regina Sibilla"?

Niente affatto. Stiamo infatti raccontando le avventure di un differente - e più antico - cavaliere: Huon da Bordeaux.

Pochi sono a conoscenza del fatto che alcuni elementi delle avventure eroiche di Guerrin Meschino sembrano essere tratte da un'opera ancor più antica: "Huon da Bordeaux", un poema epico redatto in versi francesi e risalente al tredicesimo secolo.

Proprio come "Guerrin Meschino", anche "Huon da Bordeaux" ha esperimentato un duraturo successo attraverso molti secoli, con molteplici adattamenti, versioni in prosa e addirittura riduzioni teatrali. Una delle più famose, tra queste ultime, ha come protagonista un fiabesco personaggio che appare per la prima volta proprio in "Huon": il personaggio è Auberon (Oberon) e l'opera teatrale che a lui si ispira è il "Sogno di una notte di mezza estate" di William Shakespeare.

Ma torniamo al nostro poema duecentesco: il protagonista principale è Huon, un ardito cavaliere appartenente alla corte di Carlomagno. Un cavaliere, proprio come Guerrino. Un cavaliere che vive e agisce nello stesso periodo storico nel quale è ambientata la vicenda del Meschino.

Ciò che stupisce nella storia di Huon - che fu scritta più di centocinquanta anni prima che apparissero "Guerrin Meschino" e "Il Paradiso della Regina Sibilla" - è che alcuni particolari delle vicende narrate sembrano riapparire anche nelle opere di Andrea da Barberino e Antoine de La Sale, nelle parti dedicate alla Sibilla Appenninica.

Eppure, sembra che nessuno abbia mai investigato in dettaglio questi particolari.

Prendiamo le avventure di Huon successive alla sua partenza da Parigi: come Guerrino, egli abbandona l'Europa e comincia a viaggiare in terre remote e sconosciute, situate oltre la Terrasanta. In questi luoghi, egli viene a conoscenza di Dunostre, una torre situata in prossimità del Mar Rosso: una torre magica, una sorta di labirinto con 300 finestre e 25 stanze. Un luogo proibito. Un luogo protetto da qualcosa che, alle nostre orecchie, non suona affatto nuovo:

«Ci sono due uomini all'ingresso della torre; Sono fatti tutti di bronzo ben rifinito, Ognuno di essi impugna un doppio flagello, tutto di metallo, paurosi a vedersi. Essi battono continuamente, sia d'estate che d'inverno. E vi dico, in verità, che un uccellino che sapesse volare veloce, non riuscirebbe a volare fino all'interno del palazzo Senza esserne ucciso; non potrebbe fuggirne» [nel testo originale francese: «Et s'a deux hommes à l'entrer de l'ostel; Tout sont de keuvre et fait et compasé, Si tient cascuns un flaiel acouplé, Tout sont de fer, moult font à redouter. Tout adès batent et yver et esté, Et si vous di, par fine veritè, Une aloete, que bien tost set voler, Ne poroit mie ens el palais voler Que ne fust morte; ne poroit escaper»].

Ma non è, questa magica barriera, una parente stretta di quelle porte di metallo di cui ci parla Antoine de La Sale, poste all'interno della favolosa grotta della Sibilla Appenninica, in Italia? A titolo di confronto, ecco qui di seguito le parole di de La Sale:

«dentro questa caverna, fino alle porte di metallo, che battono giorno e notte incessantemente, chiudendosi e riaprendosi [...] all'interno della grotta, vi sono due porte di metallo, le quali giorno e notte sbattono senza mai fermarsi [...] Queste porte battono in modo tale che ognuno che sia intenzionato ad entrare ben conosce come egli non potrà evitare di essere catturato tra le due, finendone schiacciato come una mosca. E questa fu la cosa che maggiormente li spaventò...» [nel testo originale francese: «dedans ceste cave, jusques es portes de mettail, qui jour et nuyt et sans ceser battent, cloant et ouvrant [...] à l'endroit de la cave, sont les deux portes de metal, qui jour et nuyt batent sans cesser [...] Ces portes batent par telle maniere qu'il est proprement advis à celluy qui entrer y doit, qui'il n'y pourroit entrere sans estre entre deux cueilly et tout effroissé comme une mousche. Et ce fut la chose qui le plus espouvanta...»].

La trappola in movimento ciclico. Un ordigno di metallo che protegge l'accesso al mondo magico. Un moto incessante, che non si arresta né di giorno né di notte, né d'estate né d'inverno. L'aspetto orribile, pauroso di quel meccanismo. I piccoli animali - uccelli o insetti - utilizzati come monito a proposito dei terribili effetti di schiacciamento che gli audaci avventurieri sarebbero costretti a subìre... Molto simile. Troppo sospettosamente simile.

E non è questa la sola coincidenza.

Coem avremo modo di accertare nel post successivo.























MICHELE SANVICO
ITALIAN WRITER
michele.sanvico@italianwriter.it